giovedì 13 giugno 2013

SISMA E CULTURA DELL'INGEGNERIA - DI Andrea Cavicchi



Il sisma dovrebbe essere prima di tutto un problema ingegneristico.

Di fatto, il sisma è oggi prima di tutto un problema culturale.

Il sisma, come la guerra, da chi non ne ha vissuto in prima persona le conseguenze tende ad essere percepito come una possibilità teorica remota, un concetto da scrivania e da burocrati. 

Questa percezione la si incontra alla luce del sole nei non addetti ai lavori, spesso per ingenuità, a volte per interesse, in coloro che, come committenti, ascoltano con scetticismo le parole del progettista sull’argomento e accettano con difficoltà le conseguenze in termini di costi e limitazioni, chiedendosi se non sarebbe stato meglio scegliere qualcuno meno pignolo e più refrattario a ciò che in fondo considerano un puro adempimento burocratico formale. 

Purtroppo, in questo la normativa vigente troppo spesso non aiuta. L’attuale D.P.R. 380/01 e s.m.i. sostanzialmente ripropone, modificate in alcune parti,  la ormai storica Legge 64/74 e  la Legge 1086/71 senza,  però, abrogarle. L’attuale norma tecnica  espressa nel  D.M. 14/01/2008 contrasta in alcuni punti importanti con le corrispondenti prescrizioni della L. 64/74 e del D.P.R. 380/01 (ad esempio, l’art. 85 indica un’unica modalità di applicazione delle azioni sismiche in contrasto con quanto previsto dal più recente D.M., frutto di una diversa concezione). Questi sono solo due esempi rappresentativi di contenuti di normativa confusi e contraddittori che non possono che riflettersi negativamente nella pratica professionale e che necessitano di essere risolti.

Questa percezione però la si incontra a volte anche in fondo all’anima di qualche progettista che, forse troppo preso da problemi più immediatamente percepibili, non solo di carattere tecnico, fatica a trovare le parole per spiegare che non è solo un problema di rispettare norme astratte, che il sisma è una possibilità concreta, ma silenziosa nel tempo e nello spazio.

Il sisma è quindi oggi anche un problema disciplinare.

Ci vuole infatti disciplina mentale e onestà intellettuale per sfuggire alla tentazione di dimenticare che, se le normative antisismiche a volte rischiano di distaccarsi dalla realtà e determinare situazioni paradossali e irragionevoli, ciò di cui trattano rimane una realtà fisica concreta e devastante con la quale il compromesso è sempre perdente; disciplina e volontà, quindi, nel resistere alla tentazione di aggirare i problemi dimenticandone la natura fisica e confondendoli con il loro risvolto burocratico, lasciandosi influenzare dalle richieste e dalle proteste della committenza.

Il sisma è diventato così un problema etico.

È a questo punto che la cosiddetta etica professionale deve scendere dall’olimpo astratto delle belle parole per incarnarsi in comportamenti concreti, in volontà di riportare l’anima e la forza della cultura ingegneristica laddove troppo spesso è spodestata dalla burocrazia e dalla sfiducia nella possibilità di un cambiamento non del cosiddetto “sistema” ma, soprattutto, delle persone e della loro mentalità.
È qui che l’ingegnere deve ricomporre e ritrovare la propria identità professionale, qui che deve ricordare e, se necessario, imporre ai committenti e alle istituzioni il proprio ruolo. Ma per farlo deve prima di tutto ricordarlo a se stesso. 

Le difficoltà che si hanno con la committenza e con le istituzioni sono il risultato di una diffusa sfiducia dell’ingegnere nella propria figura e nel proprio ruolo; la percezione dell’ingegnere come di una figura imposta dalla legge ma sostanzialmente inutile è prima di tutto il riflesso di una sfiducia interiore che silenziosamente condivide e alimenta il contesto negativo in cui ci si trova ad operare.
Affinché il sisma torni ad essere prima di tutto un problema ingegneristico e, più in generale, l’ingegneria riconquisti i propri territori è quindi necessario un salto di qualità culturale, disciplinare ed etico. Un salto richiesto a ognuno di noi. Un salto che deve esprimersi chiaramente nell’istituzione che per definizione rappresenta l’ingegneria e le persone che la mettono in atto: l’Ordine degli Ingegneri.

È solo alla fine di questo percorso che l’Ordine può trovare la propria identità e la propria ragione d’essere. Solo così abbandonerà naturalmente le tentazioni da apparato burocratico di potere e gestione per ritrovare, difendere, accrescere e diffondere la vera cultura dell’ingegneria.

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